Carmina Burana è una cantata scenica composta da Carl Orff tra il 1935 e il 1936, ed è basata su 24 poemi tra quelli trovati nei testi poetici medievali omonimi, opera di goliardi e clerici vagantes. La raccolta di componimenti poetici medievali è stata reperita nella Bura di San Benedetto (Benediktbeuern), in Alta Baviera, nel 1803.
Il titolo completo è “Carmina Burana: Cantiones profanae cantoribus et choris cantandae, comitantibus instrumentis atque imaginibus magicis” ovvero “Canzoni profane per solisti e coro accompagnati da strumenti e immagini magiche“.
Il termine Carmina Burana venne introdotto dallo studioso Johann Andreas Schmeller nel 1847 in occasione della prima pubblicazione del manoscritto. Tale codice comprende 228 componimenti poetici su 112 fogli di pergamena decorati con 8 miniature. Sembra che tutte le liriche dovessero essere destinate al canto, ma gli amanuensi autori di questo manoscritto non riportarono la musica di tutti i canti poetici, cosicché si può ricostruire l’andamento melodico solo per 47 di essi. Il codice è suddiviso in sezioni:
Carmina moralia (CB:1-55), argomento satirico e morale;
Carmina veris et amoris (CB:56-186), argomento amoroso;
Carmina lusorum et potatorum (CB:187-226), canti bacchici e conviviali;
Carmina divina, argomento moralistico sacrale (CB: 227 e 228; questa parte fu probabilmente aggiunta all’inizio del secolo XIV).
I testi (tutti in latino medievale eccetto 47 scritti in alto tedesco) hanno argomenti molto diversi tra loro. Da un lato vi sono i noti inni bacchici, le canzoni d’amore ad alto contenuto erotico e le parodie blasfeme della liturgia, dall’ altro emergono testi di rifiuto della ricchezza e condanna verso la curia romana.
I testi originali riassumono le vicende degli autori, i clerici vagantes, detti goliardi (dal nome del mitico vescovo Golia, Pietro Abelardo) che usavano spostarsi per motivi di studio tra le varie nascenti università europee, assimilandone lo spirito più concreto e terreno.
L’opera è strutturata in un prologo e tre parti. Nel prologo c’è O Fortuna, l’invocazione alla Dea Fortuna sotto cui sfilano diversi personaggi emblematici dei vari destini individuali. Nella prima parte si celebra la “Veris laeta facies” ovvero il lieto aspetto della primavera. Nella seconda, “In taberna” ovvero “All’osteria”, si hanno prevalentemente canti goliardici; la terza parte – “Cour d’amours” cioè “Le corti dell’amore” – contiene brani che inneggiano all’amore e che si concludono con il coro di grazie alla fanciulla (“Ave, formosissima“). Nel finale si ha la ripresa del coro iniziale alla Fortuna.
Questa composizione appartiene al trittico teatrale di Orff “Trionfi” che, composto in periodi diversi, comprende anche i Catulli Carmina e il Trionfo di Afrodite.
Con il sorgere della civiltà comunale nelle città i costumi si erano evoluti ed erano cambiati le abitudini e il modo di vivere. L’apertura di scuole e università favorì il diffondersi della cultura al di fuori dell’ambiente della Chiesa e proprio in ambito universitario nacque un genere di musica particolarmente scanzonato e irriverente: i canti goliardici.
I testi scelti da Orff, incorniciati dalla Fortuna che apre e chiude il lavoro, raccontano quindi di amori e di bevute in osteria, di abati e di cigni, di natura e del cieco ciclo della fortuna. Il compositore, che confessò di essere rimasto colpito dalla “trascinante forza ritmica, dalla ricchezza immaginifica” dei Carmina, non pensava a un’esecuzione in forma di concerto, ma a una vera e propria rappresentazione scenica e così i Carmina Burana debuttarono l’8 giugno 1937 all’Opera di Stato di Francoforte sotto la direzione di Bertil Wetzelsberger, la regia di Oscar Walterlin e le scene di Ludwig Sievert. Nel 1942 Richard Strauss rispondeva con molti complimenti al compositore che gli aveva inviato una copia dei Carmina e gli pronosticava un avvenire di compositore per il teatro.
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